Separazione e divorzio (consensuale e giudiziale), negoziazione assistita, trust, amministrazione di sostegno

1) LA SEPARAZIONE CONSENSUALE

2) LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE

3) IL DIVORZIO

4) NEGOZIAZIONE ASSISTITA

5) SEPARAZIONE/DIVORZIO DINANZI AL SINDACO

6) IL DIVORZIO GIUDIZIALE O CONTENZIOSO

7) IL TRUST

8) AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

L’obiettivo dello Studio legale Maffei è la protezione della persona e delle relazioni familiari, soprattutto in presenza di figli.

La consulenza preliminare è finalizzata a prevenire e contenere i conflitti e ad  orientare i clienti nel momento in cui il mondo delle loro relazioni affettive e familiari entra in crisi,  concentrandosi sulla ricerca di risposte e soluzioni adatte ad ogni singolo caso, consapevoli che ogni storia personale e familiare è unica, e diversa da tutte le altre.  

Sia che si voglia porre fine ad una relazione infelice, sia che si sia giunti alla decisione di separarsi e/o divorziare, sia che ci si veda costretti a porre fine alla relazione affettiva o matrimoniale in seguito alla decisione dell’altro coniuge o partner,  lo Studio Legale Maffei può aiutarti ad ottenere un risultato il più possibile soddisfacente, non solo in termini economici, ma anche in termini emotivi e relazionali.

Dalla consulenza iniziale, sino all’avvio della procedura legale, lo Studio offre consigli chiari e trasparenza sui costi.

di richiedere il divorzio, offriamo consigli chiari e assicuriamo trasparenza sui costi.

La separazione consensuale

E’ l’istituto giuridico che consente ai coniugi, la cui convivenza sia divenuta intollerabile, di sospendere gli effetti civili del matrimonio in attesa del divorzio.
Con la separazione cessano i doveri di coabitazione e di fedeltà.

Consiste in un accordo tra moglie e marito diretto ad interrompere il rapporto coniugale e a regolare le condizioni della separazione, quali l’affidamento dei figli, gli aspetti economici e la divisione dei beni in comunione, nonché l’assegnazione della casa familiare.

L’accordo viene stipulato con l’assistenza di uno o più avvocati che fin dall’inizio depositano un ricorso congiunto di separazione;  l’accordo però può anche intervenire successivamente allorché la separazione, nata come giudiziale su domanda di un coniuge-  di solito ciò avviene in presenza di una forte conflittualità tra gli stessi-  si trasforma nel corso del giudizio in consensuale, tramite il raggiungimento di un accordo.  

Terminata la fase presidenziale, l’accordo dei coniugi  viene sottoposto al giudizio del Tribunale in sede collegiale, per verificare che l’accordo sia conforme alla legge e rispettoso dei diritti della prole. Se l’accoro ottiene il parere favorevole del Pm e del Collegio, viene omologato.  

L’omologa fa divenire giuridicamente vincolante le condizioni formulate dalla parti e a seguito di comunicazione della cancelleria del Tribunale, il provvedimento di omologa viene trasmisso all’Ufficio di Stato civile del Comune ove è stato celebrato il  matrimonio, al fine dell’annotazione della separazione a margine dell’atto di matrimonio.

Dalla data dell’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Giudice, decorre il termine di 6 mesi, trascorsi i quali può essere presentata domanda di divorzio, a seguito della Legge sul c.d. divorzio breve, intervenuta nel  2015.

la separazione giudiziale

Con la separazione giudiziale uno dei due coniugi deposita presso il Tribunale competente un ricorso tramite l’assistenza di un avvocato, per ottenere l’emissione di una sentenza di separazione a causa di sopravvenute circostanze che hanno reso intollerabile la prosecuzione del rapporto coniugale, oltre che per regolamentare gli aspetti  economici ( assegno di mantenimento e affidamento dei figli minori se vi sono, spese straordinarie per i figli minori o maggiorenni non economicamente sufficienti).

Nel ricorso introduttivo il coniuge deve indicare gli elementi sui quali si fonda la richiesta di separazione. Il Presidente del Tribunale fissa con decreto la data della udienza di comparizione personale dei coniugi.

Il Giudice, nel corso della prima udienza (chiamata udienza presidenziale) è tenuto a compiere un tentativo di conciliazione: se le parti si accordano e si riconciliano viene redatto il verbale e la causa si estingue; in caso di mancata riconciliazione o accordo, il Presidente emette l’ordinanza contenente i cosiddetti provvedimenti provvisori e urgenti, così da regolare temporaneamente i rapporti tra i coniugi, in attesa che si arrivi alla sentenza definitiva.

Il Giudice, prima della sentenza definitiva e nelle more del giudizio, può inoltre pronunciare la separazione con sentenza parziale e proseguire la causa per risolvere le questioni relative all’affidamento dei figli, all’assegnazione della casa familiare nonché tutti gli aspetti economici. 

Per poter chiedere la pronuncia di divorzio dovranno trascorrere 12 mesi di ininterrotta separazione, termine che decorre dalla data dell’udienza presidenziale in cui i coniugi sono stati autorizzati a vivere separati.

QUESITI

La riconciliazione: è possibile dopo che l’accordo è stato omologato?

Certamente è possibile che le parti si riconcilino: giuridicamente la riconciliazione ha l’effetto di far cessare la separazione legale.

Nulla impedisce ai coniugi separati di far cessare la separazione con la riconciliazione e ritornare ad instaurare una comunione di vita materiale e spirituale.

Nella pratica non sono stati considerati sufficienti a realizzare la riconciliazione:

  • la consuetudine dei coniugi di riunirsi durante i fine settimana o in occasione delle vacanze
  • l’assistenza prestata al coniuge separato malato con visite giornaliere
  • la coabitazione nella stessa casa
  • la corresponsione di somme al coniuge separato
  • le visite agli amici comuni.

Viceversa, sono stati considerati sufficienti a realizzare la riconciliazione:

  • la ripresa continuativa della convivenza in una nuova abitazione con l’esecuzione di lavori di ristrutturazione
  • la ripresa continuativa della convivenza con ricevimento di amici e parenti e festeggiamento dell’anniversario di matrimonio.

quali sono i documenti per la richiesta di separazione consensuale o giudiziale

  1. estratto per riassunto dell’atto di matrimonio (si richiede presso lo Stato civile del Comune ove è stato celebrato il Matrimonio);
  2. certificato di residenza e stato di famiglia, anche contestuale, di entrambi i coniugi;
  3. dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni di entrambi i coniugi;
  4. copia di un documento di identità di entrambi i coniugi;
  5. copia del codice fiscale di entrambi i coniugi.

il divorzio

Con il divorzio si intende l’istituto giuridico che permette lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Si parla di scioglimento del matrimonio quando si procede a sciogliere il vincolo coniugale contratto solo con rito civile. Si parla invece di cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando si deve sciogliere il vincolo coniugale contratto con rito concordatario ossia il matrimonio celebrato in Chiesa ma che produce anche effetti civili.

La differenza con la separazione è che questa’ultima non mette fine al matrimonio in modo definitivo, ma ne sospende gli effetti in attesa di divorzio o di una riconciliazione.

L’art. 1 della Legge n. 898/1970 afferma che «Il Giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio […] quando […] accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita».

Il divorzio venne introdotto a livello legale in Italia il 1º dicembre 1970, entrando in vigore il 18 dicembre 1970.

Una particolarità del sistema giuridico italiano è che il divorzio non può essere ottenuto direttamente con il relativo procedimento giudiziario, ma deve essere preceduto da un periodo di separazione coniugale (almeno sei mesi se la separazione è consensuale o da almeno 12 mesi se è giudiziale).

Il divorzio che a partire dal 2015, può definirsi “ breve”  introdotto con la Legge n. 55/2015, permette ai coniugi separati e che intendano far cessare o sciogliere gli effetti civili del matrimonio, di farlo in tempi sicuramente più brevi rispetto al passato.

L’istituto del divorzio è stato introdotto in Italia dalla Legge 898/1970 e la relativa domanda poteva essere presentata dopo un periodo ininterrotto di separazione della durata di 3 anni.

Con la Legge 55/2015 del 6 maggio 2015, cosiddetta Legge sul “divorzio breve”, il Legislatore ha accelerato le tempistiche per la richiesta di cessazione degli effetti civili/scioglimento del matrimonio: la domanda di divorzio può essere proposta dopo un periodo di separazione ininterrotta di dodici mesi, decorrenti dalla comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale nel procedimento di separazione giudiziale, ridotti a sei mesi nell’ipotesi di separazione consensuale o di trasformazione del rito da giudiziale a consensuale. 

Che cos’è il divorzio congiunto?

Il divorzio congiunto o consensuale è il procedimento giudiziario che viene avviato, una volta raggiunto l’accordo sulle questioni più rilevanti, di comune accordo da entrambi i coniugi.

Accordi raggiunti dai coniugi

A titolo semplificativo gli accordi possno avere ad oggetto la gestione dei beni comuni, l’assegno divorzile, le visite ed il mantenimento dei figli, etc…

Il procedimento si svolge innanzi al Tribunale in camera di consiglio

Il tutto si esaurisce in una sola udienza che viene fissata dal Presidente del Tribunale dopo aver letto il ricorso.

Il giudice esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, deve accertare che la comunione materiale e spirituale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostruita per l’esistenza di una delle cause tassativamente previste dall’art. 3 della L.898/70 ,ovvero:

  1. I coniugi sono già separati legalmente e al tempo della presentazione della richiesta di divorzio è attestato che la separazione dura ininterrottamente da almeno sei mesi se la separazione è consensuale o da almeno 12 mesi se è giudiziale.
  2. Il matrimonio non è stato consumato 
  3. Uno dei coniugi è cittadino straniero e ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del vincolo matrimoniale o ha contratto all’estero un nuovo matrimonio; 
  4. Uno dei coniugi ha commesso un reato di particolare gravità, oppure è stato condannato per incesto, delitto contro la libertà sessuale, prostituzione, omicidio volontario, tentato omicidio del coniuge o di un figlio, lesioni aggravate, maltrattamenti, etc…
  5. È stato dichiarato giudizialmente il cambio di sesso di uno dei coniugi.

Occorre sottolineare che devono essere sussistenti entrambi i presupposti affinché si possa pronunciare sentenza di divorzio, ossia

  1. La cessazione della comunione spirituale e materiale tra i coniugi;
  2. Una delle cause tassative elencate in precedenza.

Dopo di che sarà emessa la sentenza che proclamerà lo scioglimento del vincolo matrimoniale.

Questa deve essere trasmessa all’ufficiale di stato civile per essere annotata nell’apposito registro dello stesso luogo in cui era stato trascritto l’atto di matrimonio.

  1. L’atto di matrimonio (integrale) che viene rilasciato dal Comune in cui è avvenuta la celebrazione.
  2. Lo stato di famiglia (di ambedue i coniugi.
  3. La copia (autentica) della sentenza di separazione.

Modifiche ed accordi di separazione

Ogni caso, il contenuto dell’accordo di separazione consensuale può essere modificato dalle parti anche dopo l’omologazione a condizione che intervengano nuove circostanze di fatto che giustifichino il cambiamento (è il caso ad esempio in cui sono cambiate le condizioni economiche di una delle parti).

Detta domanda può essere proposta da un singolo coniuge o da entrambi e può avere ad oggetto la rettifica o la revoca sia dei provvedimenti che dispongono sugli aspetti economici sia quelli relativi all’affidamento dei figli.

negoziazione assistita

E’ una procedura conciliativa ed alternativa, introdotta con il D.L. 132/2014 e confermata nella legge di conversione n. 162/2014, che consiste in un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza dei propri avvocati (almeno uno per parte).
La soluzione negoziale della lite raggiunta deve essere conclusa in forma scritta ed occorrono due avvocati, uno per ciascuna parte; gli avvocati la sottoscrivono, ne garantiscono la conformità «alle norme imperative e dall’ordine pubblico» e certificano le sottoscrizioni apposte dalle parti sotto la propria responsabilità.

L’accordo concluso costituisce così titolo esecutivo.

Il procedimento di negoziazione assistita da un avvocato può essere utilizzato anche nel caso di separazione personale dei coniugi, cessazione degli effetti civili del matrimonio, scioglimento del vincolo (divorzio) o modifica delle condizioni di separazione ovvero divorzio.
L’accordo concluso davanti ad un avvocato (e non più davanti al Tribunale) produce i medesimi effetti dei provvedimenti giudiziari che concludono il procedimento di separazione senza bisogno di omologazione e, in base ad esso, verranno effettuate le annotazioni negli atti di matrimonio.
L’avvocato nominato, infatti, raccoglie in un atto scritto e sottoscritto dalle parti in sua presenza la volontà dei coniugi ed entro 10 giorni ne trasmette una copia autenticata da egli stesso  all’ufficiale di stato civile del Comune in cui è stato iscritto o trascritto l’atto di matrimonio (solitamente coincide con il luogo di celebrazione).

L’ufficiale dello stato civile procede, in tal modo, con le annotazioni richieste dalla legge.
La violazione dell’obbligo da parte dell’avvocato di trasmissione allo stato civile comporta una sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dal Comune competente.

Occorre, tuttavia, distinguere due situazioni:

  • se non vi sono figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nulla osta per gli adempimenti successivi;
  • se vi sono figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. (Il procedimento relativo al rilascio da parte del Procuratore della Repubblica del nulla ostadell’autorizzazione è esente dal contributo unificato di iscrizione a ruolo dovuto per ciascun grado di giudizio su richiesta di attività giurisdizionali delle parti interessate. Allo stesso modo è esente il procedimento davanti al Presidente del Tribunale).

L’accordo una volta concluso necessita del vaglio del PM e poi trasmesso allo stato civile dove è stato celebrato il matrimonio per le necessarie annotazioni.

Separazione/ divorzio dinanzi al Sindaco

Avviene mediante separate dichiarazioni che i coniugi (anche senza l’assistenza dell’avvocato) rendono a tale soggetto quale ufficiale dello stato civile
Nei casi di separazione personale,ovvero di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di scioglimento del matrimonio secondo condizioni concordate, l’ufficiale dello stato civile, quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di fronte a se non prima di trenta giorni dalla ricezione per la conferma dell’accordo.
La mancata comparizione equivale a mancata conferma dell’accordo.
La legge stabilisce che non si può ricorrere alla procedura davanti al Sindaco quale ufficiale dello stato civile, oltre che nel caso in cui uno dei coniugi non ritenga di dover accordarsi, anche quando vi siano figli in comune tra i due coniugi che siano:

  • minorenni;
  • ovvero maggiorenni maincapaci di intendere e volere, portatori di handicap, o non economicamente autosufficienti.

Con tale procedura non è possibile concludere patti di trasferimento patrimoniale.

E’ bene precisare che, questa procedura può essere utilizzata esclusivamente da coniugi senza figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap oppure economicamente non autosufficienti e non può contenere patti di trasferimento patrimoniale, l art. 12 del DL 132/2014, recante misure per la “Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile”, al secondo comma recita “Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti”, e continua al terzo stabilendo che “L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”. Esclude i trasferimenti immobiliari, ma consente le attribuzioni di un assegno periodico o di un importo in un’unica soluzione.

I coniugi vengono riconvocati dall’ufficiale dello stato civile per confermare l’accordo dopo trenta giorni.

L’accordo concluso davanti all’ufficiale dello stato civile, così come avviene per la negoziazione assistita, produce gli effetti di un provvedimento giudiziale sin dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione o divorzio.

Il divorzio giudiziale o contenzioso

Il divorzio giudiziale è la tipologia di divorzio previsto per i coniugi che non riescono a determinare consensualmente le condizioni dello scioglimento del matrimonio; è una tipologia di scioglimento del matrimonio che prevede tempi variabili a seconda della conflittualità tra i coniugi e delle prove che sono chieste dal Giudice. La procedura è introdotta con un ricorso da depositare in Tribunale con l’assistenza obbligatoria di un Avvocato per parte.

Al divorzio giudiziale si ricorre quando gli ex coniugi, ormai separati:

  • non trovano un accordo sulle condizioni per divorziare (per esempio sulle questioni patrimoniali o relative ai figli);
  • solo uno dei due vuole divorziare;
  • uno dei due è irreperibile.

È giusto ricordare che divorziare è un diritto che il cittadino può esercitare anche contro la volontà dell’altro coniuge.

A differenza delle procedure consensuali di divorzio che sono 3, quando ricorrono le situazioni sopra riportate, l’unica procedura è il divorzio giudiziale.

Per iniziare la procedura di divorzio contenzioso è necessario rivolgersi ad un legale.

Il difensore appositamente nominato per seguire la pratica del divorzio, scriverà  una lettera all’altro coniuge, comunicandogli le intensioni del proprio assistito per agevolare, ove possibile una soluzione consensuale della questione.

Giova rammentare come, questa lettera non è prevista dalla legge come obbligatoria, ma è richiesta dal codice deontologico forense che stabilisce che gli avvocati sono tenuti a risolvere le liti nel modo più rapido ed economico possibile.

Detta comunicazione del difensore contiene l’invito a mettersi in contatto con lui (personalmente o incaricare il proprio avvocato di fiducia), per verificare la possibilità di giungere ad un accordo affinché si possa arrivare ad un divorzio consensuale. La lettera conterrà anche l’avviso che, in difetto, entro un termine specificato, si procederà ad incardinare la procedura di divorzio contenzioso.

Decorso inutilmente detto termine, il legale provvederà a redigere e depositare il ricorso in Tribunale.

Il giudice, a cui la causa è attribuita, fissa con decreto la data, disponendo all’avvocato che ha depositato il ricorso di notificare (cioè di inviare in copia tramite l’Ufficiale Giudiziario) all’altro coniuge, ricorso e decreto, a questo punto dovrà necessariamente rivolgersi ad un legale, affinché lo stesso predisponga la comparsa di costituzione da depositare in Tribunale,nei termini indicati nel decreto.

Entrambi gli ex coniugi devono presenziare alla prima udienza, difatti, qualora a non presenziare fosse il ricorrente, ovvero la parte che ha presentato il ricorso, il giudizio si estingue, cioè cessa immediatamente, (salvo che l’altro coniuge convenuto si costituisca in giudizio per il tramite di un avvocato depositando le proprie difese e chieda invece di proseguirlo).

Se invece non si presenta il convenuto (cioè il coniuge chiamato in Tribunale da chi ha chiesto il divorzio), il giudizio prosegue senza di lui. In questa fase il Presidente tenta la conciliazione, …“Se la conciliazione non riesce, il Presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l’art. 189 delle disp. att. c.p.c”.

In questa fase salvo richieste di modifiche, il Presidente conferma nell’ordinanza provvisoria la disciplina dei rapporti della coppia stabilita in occasione della separazione.

La fase successiva è quella istruttoria, che si sviluppa come un normale procedimento civile ordinario.

Alla conclusione del procedimento, il giudice pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, attraverso una sentenza.

il trust

e’ possibile fare un Trust nella separazione o divorzio? Ecco come risolvere il conflitto patrimoniale nella famiglia

E’ possibile fare un Trust nella separazione o divorzio? Ecco come risolvere il conflitto patrimoniale nella famiglia

Il Trust è uno strumento giuridico che, nell’interesse di uno o più beneficiari o per uno specifico scopo, permette di strutturare in vario modo “posizioni giuridiche” basate su legami fiduciari.

Ha come finalità quella di separare alcuni beni dal patrimonio di un soggetto per il perseguimento di specifici interessi a favore di determinati beneficiari

soggetti del Trust sono generalmente tre:

  • disponentecioè colui che promuove/istituisce il trust;
  • amministratore/gestore (trustee). Il disponente intesta beni immobili o mobili all’amministratore il quale ha il potere-dovere di gestirli secondo le “regole” del trust fissate dal disponente.
  • La terza è quella del beneficiario (beneficiary), espressa o implicita. Posizione eventuale è quella del guardiano (protector). “Posizioni” e “soggetti” possono non coincidere.

Il trasferimento di beni nel fondo del Trust è vincolato da un legame che intercorre tra il settlor e il trustee, che è il cosiddetto patto di fiducia; il settlor (disponente) trasferisce l’intestazione (non la proprietà, così come è intesa nel diritto italiano) di quei beni perché vengano amministrati dal trustee nell’interesse dei beneficiari e nei limiti di quanto stabilito nell’atto istitutivo. Ci sono due elementi caratterizzanti il Trust:

  • un trasferimento di intestazione;
  • l’amministrazione dei beni, che deve essere una amministrazione diligente e volta a favorire il beneficiario.

L’istituto e lo strumento del “Trust”, pur non essendo disciplinato in modo specifico da alcuna norma in Italia,  è considerato come “legittimo” a seguito  della ratifica da parte di quest’ultima della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, entrata in vigore il 1 gennaio 1992.

Il Trust trova un’efficiente area di utilizzo nel diritto di famiglia e, in particolare, nei procedimenti di separazione e di divorzio, quando si tratta di affrontare lo spinoso problema della sistemazione dei beni già comuni. Spesso infatti gli ex coniugi “litigano” sulla intestazione di questi beni e, si ricorre molto frequenta al giorno d’oggi al Trust, per porre una soluzione a  questo dissidio,

Il Trust consente di tutelare il patrimonio familiare al fine di garantire la soddisfazione dei bisogni della famiglie ed evitare che, successivamente alla separazione o divorzio, uno o entrambi i coniugi dispongano dei beni familiari, sottraendoli alle esigenze di vita dei figli.

L’effetto di questo strumento è quello di creare una sorta di parità di trattamento tra i coniugi, che vengono così privati entrambi della disponibilità del bene conteso e hanno la garanzia che la gestione del patrimonio venga effettuata a beneficio dei figli.

L’utilizzazione dei Trust nei procedimenti di separazione e divorzio ha trovato pieno riconoscimento nel nostro ordinamento.

Il primo Tribunale che ha omologato un accordo di separazione consensuale nel quale era contemplata l’istituzione di un trust avente ad oggetto un immobile a favore della figlia, è stato il Tribunale di Milano. Mentre per quanto riguarda un procedimento di divorzio, il primo Tribunale è stato quello di Torino nel lontano 2009.

Come funziona?

L’atto che istituisce il Trust viene inserito nel ricorso per separazione consensuale sottoscritto dai coniugi e viene riprodotto nel verbale ex art. 711 c.p.c. tra le condizioni da sottoporre al Tribunale per la omologazione o comunque viene contemplato nel ricorso congiunto di divorzio per essere recepito nella relativa Sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Nelle premesse dell’atto istitutivo devono essere chiaramente espresse le finalità del Trust per rendere subito evidente all’Autorità Giudiziaria la causa negoziale ai fini del positivo giudizio di meritevolezza degli interessi tutelati.

conclusioni

Solo con degli accordi tra le parti è possibile realizzare progetti e scelte patrimoniali volte a sistemare il patrimonio familiare.

Raggiungere accordi di separazione e divorzio favorisce i coniugi nelle decisioni e scelte che, se conformi all’ordine pubblico ed alle regole normative, sono sempre omologate dalla magistratura con risparmio di tempi e costi nell’interesse anche dei figli se ci sono.

Lo Studio legale Maffei, caldeggia ogni volta che è possibile l’accordo come strumento principale di realizzazione della coppia in crisi e in fase di scioglimento.

amministrazione di sostegno

L’amministratore di sostegno è un nuovo istituto giuridico che può rappresentare un’alternativa all’interdizione e all’inabilitazione, rispetto alle quali si caratterizza per un maggior rispetto della persona, che conserva la propria capacità di agire. Lo scopo è quello di affiancare il soggetto che a causa di un’infermità o per una menomazione fisica o psichica si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporale, di provvedere ai propri interessi.

Lo Studio legale Maffei offre assistenza per la redazione del ricorso di nomina e per l’intero procedimento, oltre che per la revoca dell’inabilitazione e dell’interdizione.

Alcuni esempi di soggetti a cui può riferirsi l’applicazione dell’amministrazione di sostegno sono:

  • soggetti disabili
  • alcolisti
  • tossico-dipendenti
  • soggetti colpiti da ictus cerebrale
  • anziani
  • soggetti affetti da handicap
  • sordomuti e ciechi
  • ammalati di Alzheimer

L’ amministratore di sostegno, nominato dal Giudice Tutelare, fornisce a questi soggetti sostegno al fine di affrontare problemi concreti come acquistare, vendere, affittare un appartamento, investire somme di denaro, riscuotere pensioni, ecc.

Le persone che possono richiedere la nomina di un amministratore di sostegno al Giudice sono:

  • il beneficiario (cioè la persona interessata)
  • i familiari entro il 4° grado
  • gli affini entro il 2° grado
  • il Pubblico Ministero
  • il Tutore o Curatore
  • i responsabili dei servizi sanitari e sociali